Disturbo da accumulo: siamo TUTTI malati di oggetti
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Disturbo da accumulo: siamo TUTTI malati di oggetti

“Si stima che tra il 2 e il 5% della popolazione presenti un problema di accumulo che gli causa disagio e/o problemi che interferiscono con il normale svolgimento della propria vita. In realtà è probabile che si tratti di un fenomeno sottostimato visto che raramente chi accumula chiede aiuto e riconosce il disturbo.”

La fonte della citazione è questa pagina dell’Associazione di Psicologia Cognitiva, molto completa e ben fatta. Quando l’ho trovata mi sono detto, evviva, finalmente cominciano a parlarne in modo più serio anche in Italia!

Allo stesso tempo, credo che l’articolo non rispecchi del tutto la realtà, e mi ha portato a riflettere su un punto in particolare…

Continuiamo a leggere:

“Del resto la maggior parte di noi davanti alla domanda “Conosci o hai conosciuto qualcuno la cui vita è condizionata da un accumulo eccessivo di oggetti?”, è in grado di indicare almeno una persona. Questo suggerisce una diffusione del disturbo maggiore di quella indicata dalle stime.

I pazienti con DA [disturbo da accumulo] hanno con gli oggetti che accumulano un rapporto non molto diverso da quello che la maggior parte degli individui ha con i propri oggetti personali. Chi di noi non ha qualche oggetto che ritiene significativo e importante, benché magari non abbia nessun valore reale se non “la sua storia”?

Del resto in senso evolutivo, in effetti, l’accumulo è un comportamento funzionale alla sopravvivenza: si mette da parte per tempi di magra, si è previdenti. Il problema è che gli accumulatori patologici perdono completamente di vista il rapporto costi – benefici: per esempio si rende inutilizzabile parte della casa, per conservare una grande quantità di oggetti tra i quali c’è, forse, qualcosa che potrebbe essere utile o di valore. Gli accumulatori confondono comportamenti funzionali, comportamenti eticamente connotati in positivo, come “non sprecare”, “riutilizzare”, “riciclare”, con un comportamento che è fortemente autolesivo e che ha poco di etico nelle sue conseguenze (per esempio far vivere in figli in condizioni di grande disagio).”

Perfetto. Quindi riassumendo:

1. i problemi di accumulo si possono definire “disturbo” in senso psichiatrico quando causano disagio e interferenze “al normale svolgimento della propria vita”

2. in questi termini, si stima che un 2-5% della popolazione (italiana? europea? occidentale?) sia afflitta, ma è probabilmente sottostimato

3. il comportamento di accumulo è comune ai “sani” e ai “malati”; semplicemente i “malati” lo portano a eccessi tali per cui i costi sono di gran lunga più alti dei benefici, finendo in comportamenti autolesivi

Quello che mi ha spinto a riflettere è questo:

se a distinguere tra malati e sani è il fatto che l’accumulo divenga autolesivoallora dov’è il confine tra salute e malattia?

Ossia, quand’è che l’accumulo comincia a creare disagi e problemi?

Quand’è che i costi divengono più alti dei benefici?

Quand’è che l’accumulo comincia a creare una “interferenza” al “normale svolgimento della vita”?

Ad esempio:

  • Se per compensare carenze e sofferenze emotive sono spinto a buttare soldi in continuazione comprando oggetti che poi non uso, è un’interferenza?
  • Se mi ritrovo la casa piena di questi oggetti e sono costretto a pulirli, spostarli, trasportarli periodicamente anche se non mi danno niente in cambio, è un’interferenza?
  • Se mi trovo spesso nella situazione in cui non posso svolgere al meglio un’attività in casa mia perché lo spazio che mi servirebbe è occupato da mucchi di oggetti usati poco e niente, è un’interferenza?
  • Se quando avrei bisogno di un oggetto che so di aver tenuto non lo trovo perché si è perso in mezzo a mille altri, e magari devo anche andarmelo a ricomprare, è un’interferenza?
  • Se invece che andare in gita in campagna, la domenica mi ritrovo ad andare “in gita” all’Ikea, è un’interferenza?

Potrei andare avanti a lungo, ma direi che può bastare: se la risposta a queste domande è SÌ, allora parlare del 5% non ha alcun senso. In base alla mia esperienza – personale e professionale – dovremmo parlare ALMENO del 50%, probabilmente molto di più.

Ovviamente, per alcuni il SÌ è più enfatico che per altri…

Quello che voglio dire è che tra i malati e i sani dell’accumulo non c’è una demarcazione netta, ma una progressione sfumata. La grande maggioranza di noi accumula, chi più, chi meno.

E non è difficile capire il perché.

Se hai letto I 7 elisir del decluttering sai che il comportamento di accumulo si radica in carenze e sofferenze emotive.

La società che abbiamo creato non ha diminuito le occasioni di sofferenza emotiva, e in compenso:

1. produciamo una quantità di oggetti nuovi senza precedenti nella storia umana

2. siamo costantemente bombardati di messaggi che ci spingono ad acquistare e consumare il più possibile

Risultato: il disturbo da accumulo non è una oscura new entry nell’ultima ristampa dei manuali di psichiatria.  Non è un fatto che riguarda una piccola minoranza. È una piaga sociale. È un’epidemia.

Il ritmo con cui produciamo e diffondiamo oggetti è ormai tale che nell’Oceano Pacifico ci sono masse di rifiuti di plastica galleggianti grandi come interi stati, oggetti che abbiamo usato per un nanosecondo e poi buttato, tenendone magari altri dieci che avvelenano casa nostra, anziché l’oceano.

oceano-di-plastica

Ma anche il pianeta è una “casa” per la specie umana.

E se paragoniamo la specie a un individuo, beh, dobbiamo senz’altro dire che rientra in quel 5%. Perché la quantità di oggetti artificiali sul pianeta crea disagio eccome. E i costi sono da tempo molto più alti dei benefici.

Con questo cosa voglio dire?

Due cose:

PRIMO:

Solo perché non ci prenderebbero a Sepolti in casa, non significa che non abbiamo un problema di accumulo.

Per il solo fatto di essere cresciuti nella nostra società, probabilmente ce l’abbiamo eccome!

Per fare un paragone con un’altra malattia del benessere – perché è di questo che si tratta – parlare di un 5% di disposofobici è un po’ come parlare di un 5% di obesi: il restante 95% è da copertina di riviste di fitness? Non penso.

Non siamo tutti “obesi” di oggetti, ma la maggioranza della popolazione è in netto sovrappeso. E l’accumulo è un vizio che in termini di qualità della vita ci costa anche più caro del mangiare troppo.

Probabilmente il decluttering non avrà mai il seguito che hanno le diete dimagranti e il fitness, anche perché “avere più cose” – e non MENO – è un imperativo del successo come “essere più belli”.

Ma come tutti quelli che portano avanti un percorso di decluttering possono testimoniare, se guardiamo alla resa in termini di benessere psicologico, una “dieta di oggetti” paga molto, molto di più delle diete per il girovita!

SECONDO:

Quando facciamo decluttering, non aiutiamo solo noi stessi e chi vive in casa nostra: aiutiamo l’intera specie umana e la vita sul pianeta.

Siamo sempre più inquinati dentro e fuori, sempre più pieni di cose e vuoti di vita, sempre più dipendenti dagli oggetti materiali per un sollievo effimero e superficiale da disagi radicati in un vuoto tutto interiore.

Il decluttering non è una specie di moda passeggera, è il sintomo di una svolta necessaria nella nostra civiltà.

A questo punto della nostra storia, limitare il numero di oggetti che conserviamo a quelli che danno un reale contributo al nostro benessere è una delle abilità più preziose che possiamo coltivare, per noi e per i nostri figli.

E tu?

Cosa ne pensi della statistica del 2-5%?

Secondo te qual è la reale percentuale di persone tra i tuoi famigliari, amici e conoscenti per cui gli oggetti accumulati hanno costi che superano i benefici?

Siamo tutti sani, o tutti un po’ malati?

Che cosa fai per insegnare a te stesso e ai tuoi figli a “vivere più felici con meno”?

Dì la tua nei commenti qui sotto!

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Ilaria Biganzoli

Provo a rispondere con ordine.
Decisamente il problema è sottostimato: fra amici e conoscenti sento (e vedo) sempre situazioni di accumulo eccesssivo. Tutti che si lamentano… Ma l’idea diffusa è che resistere al consumismo e all’accumulo sia impossibile. Siamo in trappola? Non saprei, io comunque non mi arrendo.
Tutti malati fa un po’ paura ma probabilmente è realistico… Ma di certo se non partiamo da lì non possiamo migliorare.
Con i miei figli ho capito che le prediche non servono, serve l’esempio. Un declutter allegro e consapevole a partire dalle mie cose e dai miei spazi è l’arma più efficace che io conosca. I ragazzi sono estremamente recettivi, hanno la vita davanti, la gioia dentro, una gran volgia di star bene! E capiscono subito se il gioco funziona o se è solo l’ennesima ‘lezione’ per bacchettarli. Tornare a casa dopo una mattina di scuola e trovare la mamma isterica che si lamenta perchè la loro stanza è in disordine è un boomerang micidiale ma trovare una casa luminosa, accogliente, un buon pranzo e una mamma allegra che gli chiede ‘come è andata?’ è il sogno di tutti gli adolescenti. Io ho deciso di cominciare da lì. Il resto sono piccoli passi che arrivano da soli anzi, sono i ragazzi stessi che mi sorprendono. Quando per esempio al centro commerciale mi dicono: lascia stare mamma… non serve!

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    Lorenzo Durand

    Sottoscrivo in pieno.

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Francesca Sarchielli

Sicuramente la percentuale è sottostimata: credo di non conoscere nessuno che non accumuli, magari anche poco, quindi nella mia cerchia la % è del 100%! Ma io parlo a tutti del decluttering, faccio esempi, faccio vedere le (per ora poche) zone della mia casa liberate, e questo sopratutto con mia figlia, che non recepisce, ma assimila. Mi aspetto il boom di decluttering da un momento all’altro.

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Sara Eustacchio

Ciao a tutti, anche mel mio piccolo ritengo che il dato sia sotto stimato.
Basta sentire le colleghe che elencano acquisti quasi giornalieri di cose vestiti scarpe accessori oggetti per la casa e/o per i figli insomma il solito elenco infinito. …. in casa ho iniziato a fare decluttering purtroppo l’esito della mia fatica non riesco ancora a percepirlo dove io creo spazio il mio compagno riempie, più c’è spazio e più lui si allarga Ė FRUSTRANTE!!!!!!!

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Alessandra

ciao a tutti… sono una “vecchia conoscenza” che non ci voleva credere…. ero abituata a stare con le mie cose che amavo tanto…. tenevo tutto tutto ma proprio tutto…..perché? perché avevo paura che la crisi aumenti e “questo può servire e quello servirà per i ragazzi” era il mio motto preferito.
Poi un giorno, non molto tempo fa parlando con un’Amica che ha molto a cuore la salute mentale delle persone che conosce….mi ha detto: fai un po’ di decluttering in casa tua…. fai spazio alla Tua vita…..
e certo una abituata come me a vivere in 250 mq sommersa di roba non credo che sia stata facile la prima mossa…..poi sembra quasi per magia ho avuto modo di trovarmi tra le email una di Lorenzo Durand….
mah ….non so a cosa serva sta roba…. ma chissà …forse aveva ragione la mia amica….. dovevo fare spazio nella mia casa….. ho iniziato…con le cose più evidenti…..stile cose mezze rotte, rovinate oppure roba piena di polvere che mai e poi mai avevo adoperato da anni…e che rimaneva lì perché chissà un giorno può servire…..Vi dirò quel primo giro mi è “costato” 23 sacchi neri da condominio….che non sapevo nemmeno come buttare via… però ho iniziato a mettere fuori 1 sacco per settimana ..e contemporaneamente tutto quello che potevo l’ho portato alla Caritas.et voilà…. il gioco era fatto…..stavo meglio….mi sentivo davvero più leggera…..allora poi ho iniziato di nuovo, piano piano 2 sacchi per volta a togliere man mano roba da una stanza…una stanza per settimana….circa 2-3 sacchetti neri di roba da dividere tra dare alla Caritas e buttare via….. sono quasi al termine della mia pulizia energetica….. mi manca la cantina da oltre 100 mq…. lo scoglio più grosso….. perché lì davvero è una montagna di roba da scalare….. una catena di montagne…..sono tutte le cose che in quasi 20 anni abbiamo messo in cantina …perché scartata da tutto il menage quotidiano ….ma che comunque non volevo buttare via…per paura….o per scusa “tanto può tornare utile, lasciamolo lì”….mi spaventa l’effetto montagna….. ma mi sono prefissata che ce la devo fare…..e pian piano ce la farò anche con quella…..quando la finisco vi scrivo di nuovo…..per dirvi che effetto mi ha fatto ….. provate per credere!!!!! Grazie Lorenzo! un bacio!

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    Lorenzo Durand

    Ciao Alessandra,
    grazie per la condivisione, esperienza fantastica!
    Con un inizio così vedrai che anche la cantina non reggerà molto, anche perché sicuramente liberando la casa avrai notato nella tua vita e soprattutto dentro te stessa una nuova vitalità che ti eri dimenticata di avere perso.

    Bravissima, aspettiamo la prossima puntata! :)

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Anna

Ciao a tutti, abbastanza orgogliosa della mia casina ordinata, leggendo l’articolo sugli oggetti-ricordo e il significato affettivo e la difficoltà a lasciarli andare, ho esamianto cassetti e contenitori che sapevo contenevano “ricordi”, foto soprattutto…è stato un click e con amore ho lasciato andare persone, storie, relazioni, ricordi…che liberazione! ecco, anche questo può essere un problema sottostimato, perché nascondiamo nei cassetti un bel po’ di clutter emozionale pesantino…eh sì… anche un magliocino può essere un macigno. Grazie Lorenzo! un abbraccio!

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Franca

Faccio sicuramente parte di quel 5%. Ne sono assolutamente consapevole. Avere la casa costantemente invasa, traboccante, mai in ordine, mi fornisce la scusa perfetta per non far entrare nessuno. Mi vergogno del disordine, nessuno entra in casa, nessuno si avvicina a me. Che continuamente mi lamento della solitudine e della mancata integrazione. Inoltre…non butto via nulla per la paura di averne bisogno e non poterlo ricomprare. Succede con un vestito o con un barattolo di crema che utilizzo solo fino a metà. Timore di non avere la possibilità di avere ciò di cui potrei aver bisogno. Questo atteggiamento può essere giustificato dal mio vissuto. Ma cosi facendo occupo ogni mio spazio, impedendomi di fatto, di andare avanti, di rinnovarmi in tutti i campi della vita.

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Last Efy

Sono certa che le percentuali siano sottostimate, già io per me stessa faccio per tre… Sono “figlia d’arte” di accumulatori seriali, mamma era per il “non si sa mai, potrebbe servire”, papà invece non trovava mai quanto gli serviva (perché usandolo poco si dimenticava dove lo avesse messo) per cui ricomprava, e finché si trattava di libri acquistati doppi ne ho beneficiato io gratuitamente, il resto è fermo lì, in casa dei miei, a soffocare qualunque possibilità di abitarla. Io sono vittima di acquisti non compulsivi bensì emozionali, e in più sto diventando prigioniera in un bozzolo costruito negli anni di rifiuti. Cioè sono stata rifiutata nella mia vita affettiva, quindi mi identifico con i rifiuti, che occupano i 9/10 dell’appartamento in cui “bivacco”. Riconosco come vedi che ho un problema, ma da sola non riesco a prendere in mano la mia vita. Ho chiesto aiuto al CPS della mia ASL ma 10 minuti ogni 5 settimane per parlare (?) con uno psicologo o una psichiatra (ci ho provato per ben tre volte!) non mi aiuta, anzi mi fa incazzare ancor di più e sentire rifiutata persino da chi invece mi dovrebbe saper dare strumenti di rinascita. Scusate lo sfogo, forse non era il caso…

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    Lorenzo Durand

    Al contrario, lo sfogo è benvenuto perché mostra chiaramente che il problema è reale, diffuso, e sostanzialmente ignorato dalle autorità competenti. Inutile aggiungere che dei manualetti di riordino non possono nemmeno scalfire il problema, che ha radici ben più profonde di una semplice incompetenza organizzativa.

    Ho trattato più a fondo il discorso qui:

    https://declutteringefficace.com/perche-non-riesci-a-fare-decluttering-e-come-sbloccare-la-situazione/

    Tutto il progetto di questo blog si fonda sull’idea che il disturbo da accumulo sia un problema con cause psicologiche, e vada affrontato a livello psicologico, molto prima che a livello pratico.

    Rispondi
Elisa

A mio parere personale, oltre che sottostimato, il problema è anche poco conosciuto. Proprio perché le sfumature possono essere infinite, la maggior parte delle persone ignora (o finge di ignorare? ??) La montagna di oggetti inutili acquistati online conservati. Personalmente trovo i tuoi articoli e il materiale che mi hai inviato finora, molto interessante e utile. Il mio percorso è ancora all’inizio. …ma la gioia che provo ogni volta nel constatare i progressi mi da la motivazione per andare avanti. Grazie Lorenzo! E grazie a tutti per le vostre testimonianze…Non siamo da soli.

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Lucia da Arad

Ciao. E vero ,siamo tutti malati. Mi chiedo però, la nostra malattia dipende da ad avere soldi e un lavoro che ci permette di comprare ? Io sarò forse un po matta,ma penso certe volte che siamo nati nudi e “nudi” moriamo. Come scrive Fromm ,”Essere o Avere “? È questa la domanda. O dobbiamo arrivare anziani a capire che forse abbiamo bisogno solo dalla salute. ? Certe volte penso , e se arriva un terremoto ? Perdi quasi tutto. E se devi fare un trasloco , magari andare in un appartamento più piccolo di quello dove si abita ora? Quelli del Brasile dicono sono più felici, forse perché non hanno quasi niente. Vi ringrazio e mi fa piacere sentirvi . Alla prossima. Ciao.

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