Hard disk, dischi esterni, memory card: spazi virtuali che possono straripare e intasarsi esattamente come gli spazi fisici.
In teoria è più facile svuotarli: niente viaggi al mercatino, all'isola ecologica, addii cerimoniosi, niente mucchi di roba da spostare faticosamente da una parte all'altra della casa, del garage, della cantina, del solaio, del bunker antiatomico.
Peccato che oltre che svuotarli, gli spazi virtuali sia anche molto più facile riempirli. Perché sono virtuali anche gli oggetti di cui li riempi: tu vivi semplicemente la tua vita digitale, e dopo un tot di tempo...ops, la memoria è piena, ed è piena di cose che ovviamente non avevi tempo e voglia di ordinare quando le hai salvate.
E adesso come si fa a selezionare e ordinare decine di migliaia di documenti, foto, video, email, sparsi su account e periferiche diverse?
Negli ultimi due anni ho ricevuto decine di mail, commenti e messaggi che mi chiedevano o suggerivano di creare un corso apposito per il clutter digitale.
Perché non ho mai nemmeno toccato l’argomento?
Ci ho pensato parecchio.
Osservando i meccanismi dell'accumulo di oggetti digitali, è facile notare le analogie con il disturbo da accumulo di oggetti fisici. A volte sono impressionanti. Per anni ho visto un mio amico documentare con foto e appunti eventi quotidiani, come un piatto ordinato al cinese, scenatacce alla posta, un passante con un cappello particolare.
Non poteva fare a meno di scrivere un diario dettagliato ogni sera, riportando tutti gli eventi della giornata.
L'informazione, ormai lo sapete, è uno degli oggetti verso cui più facilmente si sviluppano forme di ansietà e dipendenza; la tecnologia digitale ha facilitato enormemente l'acquisizione di informazione, quindi l'accumulo è quasi automatico per la maggior parte di noi.
Il fatto è che, quando si parla di tecnologia e benessere, l'accumulo è non è che uno dei tanti aspetti del problema.
E non è nemmeno il più importante.
Non è solo questione di quali e quante informazioni conserviamo. È questione di quanti e quali stimoli ci assalgono in continuazione. Di come i nuovi dispositivi si innestano nella nostra psicologia, di come interagiscono con noi fisicamente, e di come arrivano nel tempo a danneggiare e deformare mente e corpo.
Ho detto tante volte che l'accumulo è una sorta di epidemia nascosta in evidenza, di cui non si parla perché
- non c'è coscienza dei danni
- l'idea di ridurre il numero di oggetti nelle nostre vite va in senso direttamente opposto agli imperativi economici del sistema in cui viviamo.
Esattamente lo stesso - moltiplicato per dieci - vale per i problemi creati da un uso continuo della tecnologia digitale.
Cellulari e computer sono ovunque, e nel giro di pochi anni hanno trasformato il modo in cui viviamo, lavoriamo, il modo in cui ci relazioniamo agli altri, al territorio, alla nostra salute. È una rivoluzione rapidissima spinta furiosamente dall'economia, senza che nessuno ci informi sul "lato ombra" di questi cambiamenti.
Una lista veloce e incompleta dei problemi legati all'abuso della tecnologia digitale include:
- Dipendenza da servizi o dispositivi
- Difficoltà di apprendimento e concentrazione
Difficoltà di apprendimento e concentrazione
Aumento dei livelli di stress e rischi correlati
Insoddisfazione sul lavoro
Mal di schiena
Mal di testa
Dolori articolari
Insonnia
Degenerazione muscolare
Sindrome metabolica
Stati ansiogeni
- Aumento dei livelli di stress e rischi correlati
Aumento dei livelli di stress e rischi correlati
- Insoddisfazione sul lavoro
Insoddisfazione sul lavoro
- Mal di schiena
- Dolori articolari
- Degenerazione muscolare
- Sindrome metabolica
- Stati ansiogeni
- Isolamento sociale
- Perdita di empatia
Difficoltà di apprendimento e concentrazione
Aumento dei livelli di stress e rischi correlati
Insoddisfazione sul lavoro
Mal di schiena
Mal di testa
Dolori articolari
Insonnia
Degenerazione muscolare
Sindrome metabolica
Stati ansiogeni
- Stress e gelosia nel rapporto di coppia
- Problematiche sessuali
Aumento dei livelli di stress e rischi correlati
...e non apro nemmeno il discorso sui danni neurologici che subiscono i bambini continuamente esposti a questi aggeggi dalla più tenera età.
Sarai d'accordo che il problema è un po' più serio di "ho la casella sempre piena".
E io sono per attaccare i problemi alla radice.
Motivo per cui non mi metterò a scrivere un corso su un aspetto particolare del problema, che non farebbe assolutamente nulla per affrontarne e risolverne le reali cause.
E allora si può sapere perché hai scritto questo articolo?
Solo perché io non intendo trattare il problema personalmente, non significa che non riconosca la vostra esigenza.
Semplicemente, vi indirizzo verso qualcuno più competente di me in materia, che tratta l’argomento in modo specifico e approfondito.
Qualcuno si ricorderà dei miei amici Dario Martinis e Andrea Bruno, insieme ai quali l'anno scorso ho creato un corso di blogging.
Loro, lavorando su internet fin dai tempi del liceo, i danni da tecnologia digitale li hanno subiti massicciamente (vedi sopra). Anni fa iniziarono a interessarsi dell'argomento proprio per risolvere i loro problemi personali.
Ma gradualmente, si sono appassionati tanto alla questione da chiudere per sempre ( e secondo molti, prematuramente) la loro carriera nell'internet marketing, per dedicarsi completamente ad aiutare altre persone ad affrontare e risolvere quello che chiamano "techstress".
Non so cosa abbiano in serbo per il futuro, ma per cominciare, hanno creato un sito ricco di informazioni di base, da cui puoi anche scaricare una guida gratuita sulle strategie di rapida applicazione per ridurre da subito il techstess (è un progetto internazionale; per l’italiano clicca in alto a destra, nel menu).
Lavorando su internet fin dai tempi del liceo, i danni da tecnologia digitale li hanno subiti massicciamente (vedi sopra).
Il cuore del problema
Esattamente come per il decluttering, il cuore del problema è "come liberarsi dalla dipendenza da risorse che dovrebbero aiutarci, e invece finiscono per ammorbarci l'esistenza".
Cito dalla prima pagina della guida, che mi ha colpito molto:
La tecnologia causa dolore e frustrazione?
Se stai leggendo questo documento, a qualche livello sei già consapevole che c’è qualcosa che non va nel nostro rapporto con la tecnologia.
Ma forse non sei convinto che questo sia un problema grave.
Oppure non sei sicuro di cosa sia davvero questo “Techstress” e cosa comporti nelle nostre vite.
In tal caso lascia che ti poniamo...
Quattro semplici domande:
1. Sei in grado di stare una settimana senza Internet (obblighi di lavoro esclusi)?
2. Ti sei mai sentito male o in colpa per il tuo utilizzo di Internet?
3. Hai mai trascurato i tuoi cari a causa del tuo utilizzo di Internet?
4. Hai mai avuto problemi al lavoro per via del tuo utilizzo di Internet?
Rispondi velocemente e di istinto, con sincerità.
In seguito puoi anche:
- Sostituire “Internet” con la tua “droga digitale” preferita e più usata: smartphone, tablet, videogiochi, pornografia, giochi online, social network etc.
- Porti le stesse domande in relazione ai tuoi amici, colleghi o parenti.
Esempio: hai mai visto i tuoi amici trascurare le persone a loro care perché sempre incollati allo smartphone? Sono in grado di stare una settimana senza cellulare o social media?
È un esercizio molto semplice, bastano pochi secondi.
Prova a rispondere adesso.
Puoi ripeterlo quando e dove vuoi.
Fallo mentre ti guardi intorno; apri gli occhi e nota quanto la tecnologia permei le nostre vite.
Osserva le persone a te care, i tuoi amici, la tua famiglia, i tuoi figli.
Ah, e giusto perché tu lo sappia...
Le quattro domande riportate sopra sono estratte dal questionario del Consiglio Nazionale Americano sulla dipendenza da droga e alcol.
Serve ad attestare se sei dipendente da sostanze stupefacenti.
Basta che sostituisci alla parola “droga” la parola “Internet”, e hai in mano le domande originali.
Notevole, no?
Se hai problemi di accumulo, probabilmente hai anche problemi di techstress, che ripeto, se te lo chiedi onestamente, capisci subito che vanno ben oltre "ho l'hard disk pieno di file che non so come selezionare".
Per fortuna, un aspetto positivo del techstress è che affrontarlo non comporta problemi logistici come quelli del decluttering: non devi prenderti il tempo per sbrigare il lavoro, non devi capire come smaltire la roba eliminata, o come convincere l'accumulatore con cui vivi a darci un taglio.
Puoi iniziare subito ad applicare semplici strategie per stare meglio.
Ed è quello che ti consiglio di fare, dal cuore: visita il sito, scarica la guida e applicala alla tua personale situazione.
Questo è un problema serio e molto diffuso, penso anche più dell'accumulo: condividi questo articolo e condividi il loro sito, perché sicuramente qualcuno nella tua cerchia te ne sarà molto grato!
Questo è un problema serio e molto diffuso: condividi questo articolo e condividi il loro sito, perché sicuramente qualcuno nella tua cerchia te ne sarà molto grato!
Se stai leggendo questo documento, a qualche livello sei già consapevole che c’è qualcosa che non va nel nostro rapporto con la tecnologia.
Ma forse non sei convinto che questo sia un problema grave.
Oppure non sei sicuro di cosa sia davvero questo “Techstress” e cosa comporti nelle nostre vite.
In tal caso lascia che ti poniamo...
Quattro semplici domande:
1. Sei in grado di stare una settimana senza Internet (obblighi di lavoro esclusi)?
2. Ti sei mai sentito male o in colpa per il tuo utilizzo di Internet?
3. Hai mai trascurato i tuoi cari a causa del tuo utilizzo di Internet?
4. Hai mai avuto problemi al lavoro per via del tuo utilizzo di Internet?
Rispondi velocemente e di istinto, con sincerità.
In seguito puoi anche:
- Sostituire “Internet” con la tua “droga digitale” preferita e più usata: smartphone, tablet, videogiochi, pornografia, giochi online, social network etc.
- Porti le stesse domande in relazione ai tuoi amici, colleghi o parenti.
Esempio: hai mai visto i tuoi amici trascurare le persone a loro care perché sempre incollati allo smartphone? Sono in grado di stare una settimana senza cellulare o social media?
È un esercizio molto semplice, bastano pochi secondi.
Prova a rispondere adesso.
Puoi ripeterlo quando e dove vuoi.
Fallo mentre ti guardi intorno; apri gli occhi e nota quanto la tecnologia permei le nostre vite.
Osserva le persone a te care, i tuoi amici, la tua famiglia, i tuoi figli.
Ah, e giusto perché tu lo sappia...
Le quattro domande riportate sopra sono estratte dal questionario del Consiglio Nazionale Americano sulla dipendenza da droga e alcol.
Serve ad attestare se sei dipendente da sostanze stupefacenti.
Basta che sostituisci alla parola “droga” la parola “Internet”, e hai in mano le domande originali.
Oggi mi separerò dall’auto che ho avuto in regalo per i miei 18 anni una Toyota Aygo azzurra (oggi ne ho 27 di anni)…me ne separo xke ho la fortuna di poter avere un’auto nuova e più affidabile della mia attuale che è a spasso dal 2005…
Obiettivamente mi rendo conto che sono fortunata a poter avere un’auto nuova e dei vantaggi che ne conseguiranno.
Emotivamente sono distrutta e mi pento della scelta fatta e di ciò che accadrà…inizialmente la Toyota avrebbe dovuto essere venduta, poi x questioni economiche rottamare è diventata la scelta più ovvia.
L’idea di venderla mi feriva ma ero in grado di accettarla…l’idea di demolirla mi sta creando dei problemi seri…piango da 2 settimane come se mi avessero comunicato la morte di una persona cara.
Non so se sono impazzita, nessuno mi capisce se ne parlo con amici e parenti vedono solo la fortuna della nuova auto…
Io invece se potessi annullare tutto lo farei! Non riesco a godere di questa scelta tutti dicono ke domani l’avrò dimenticata…io temo di pentirmi amaramente…
Ho provato a metterla accanto a qualcosa di più caro [si riferisce a questo articolo da cui ho riportato il suo commento] ma non ha funzionato…si può dire che dentro ci sono cresciuta…
Consigli?
TOYOTA AYGO
Ciao Laura,
grazie per avere condiviso la tua storia, veramente emblematica. Anche se non tutti sentono il dolore del distacco da una macchina in modo così acuto, penso che la tua esperienza sia molto più diffusa di quanto si potrebbe pensare.
Vi spiego quello che secondo me accade in questi casi.
1) quando la natura e la forma dell’oggetto ricordano un essere vivente, scattano in noi dei meccanismi di attaccamento istintivo diversi e più profondi che per gli oggetti comuni
Ad esempio, una bambola di ceramica, specialmente se ha proporzioni vicine a quelle di un bambino umano, è più difficile da lasciare andare di un piatto di ceramica.
Una poltrona morbida, il contatto con la quale ricorda l’abbraccio materno, è più difficile da lasciare andare di una sedia di metallo pieghevole.
Un’automobile ha una forma che può benissimo ricordare un animale domestico. Ad esempio, ha un davanti e un dietro su una struttura orizzontale, un “muso” che si anima accendendo le luci, una “voce” nel rumore caratteristico del motore e del clacson, sedili morbidi che ricordano il contatto con un corpo.
Una parte profonda della nostra mente si confonde, e scatta un attaccamento che per quanto sembri razionalmente ingiustificato per un oggetto materiale, può essere molto forte a livello emotivo.
2) l’attaccamento è amplificato se l’oggetto in questione è un “aiutante” o un “compagno di avventure”
Un giaccone che ti ha sia protetto, sia identificato, per una fase importante della tua vita, per esempio gli anni del liceo, è più difficile da lasciare andare di una stampante rotta.
Un tavolo di cucina che ha “sostenuto” i piatti della famiglia riunita durante tutti gli anni della crescita dei tuoi figli è più difficile da lasciare andare di un armadio delle scope.
Più un oggetto se ti ha accompagnato nella tua crescita, più è stato parte della tua storia, non solo come presenza di sottofondo ma come elemento importante nelle esperienze che ti hanno formato, e più è dura separarsene.
I mezzi di trasporto sono casi tipici: un’auto, una moto o uno scooter - se ci sei in buoni rapporti - sono un po’ come un cavallo fedele con cui hai esplorato i territori della vita.
FOTO CAVALLO E MOTO
Rottamare un compagno di avventure sembra un vero e proprio tradimento, un gesto contro cui il nostro senso di giustizia e di lealtà si ribella profondamente.
Laura, il motivo per cui ti senti così male secondo me è anche questo: probabilmente nella vita sei una persona sensibile e leale, e ora senti di essere una persona “cattiva” perché rottamando la Toyota stai “tradendo” un’amica fedele.
Un gesto che se lo facessi a una persona, avrebbe un costo altissimo sia in termini di approvazione sociale, sia di autostima. Nessuno ama i traditori.
La tua tristezza è dovuta probabilmente anche a un improvviso calo subconscio dell’autostima: “sono un’infame traditrice, quindi indegna d’amore, quindi resterò sola e indifesa e me lo sarò meritato”.
FOTO come ho potuto
In sintesi, anche se questi moti emotivi improvvisi possono sembrare strani e ingiustificati, in realtà sono perfettamente in linea con la nostra natura istintiva. Se sembrano fuori dal normale, è più che altro perché nessuno ne parla mai. Penso che semplicemente molti si sentano deboli e stupidi ad avere questi sentimenti per una macchina o uno scooter, ma in realtà, i meccanismi che scattano sono gli stessi che ci permettono di stabilire rapporti di fiducia e sostegno reciproco con altri esseri viventi.
Ma veniamo ai consigli pratici: va bene che sono problemi naturali, ma vanno comunque gestiti in qualche modo.
L’attaccamento che si crea in questo modo è legato a processi troppo profondi per poter essere semplicemente “spento” con dei trucchetti pratici come spesso consiglio per oggetti più “freddi”.
Però è possibile “stare al gioco” e sciogliere il problema nel modo seguente.
1) Dato che la tua mente interpreta l’oggetto come un essere vivente con un ruolo di fiducia e sostegno reciproco, trattalo esattamente come se fosse tale: parlagli, digli che lo ringrazi per tutto quello che ha fatto per te e che lo ricorderai sempre, digli che se ha uno spirito, sicuramente ha meritato una ricompensa dopo la trasformazione che lo attende. Se sei in crisi dopo esserti separato dall’oggetto, quindi in sua assenza, puoi fare tutto questo tenendo in mano un ricordo fisico, come le chiavi di una macchina mandata in rottamazione. Se non hai un ricordo fisico, vai con la mente a un momento emblematico e positivo del tuo rapporto con l’oggetto e usalo per creare una connessione.
In certi casi, puoi anche aggiungere un “ultimo rito”, come seppellire il ricordo fisico in un posto speciale.
2) Il calo subconscio di autostima e le convinzioni negative che questo fa scattare sono il cuore del problema. Passa in rassegna tutti i comportamenti passati e presenti che ti qualificano invece come una persona leale, generosa e quindi degna d’amore e di stima. (se sei una persona sleale ed egoista, probabilmente non hai di questi problemi).
Spero che questo ti aiuti a superare questi momenti difficili. Hai una domanda o una storia che vuoi condividere? Fatti sentire nei commenti qui in basso!
1) quando la natura e la forma dell’oggetto ricordano un essere vivente, scattano in noi dei meccanismi di attaccamento istintivo diversi e più profondi che per gli oggetti comuni
Ad esempio, una bambola di ceramica, specialmente se ha proporzioni vicine a quelle di un bambino umano, è più difficile da lasciare andare di un piatto di ceramica.
Una poltrona morbida, il contatto con la quale ricorda l’abbraccio materno, è più difficile da lasciare andare di una sedia di metallo pieghevole.
Un’automobile ha una forma che può benissimo ricordare un animale domestico. Ad esempio, ha un davanti e un dietro su una struttura orizzontale, un “muso” che si anima accendendo le luci, una “voce” nel rumore caratteristico del motore e del clacson, sedili morbidi che ricordano il contatto con un corpo.
Una parte profonda della nostra mente si confonde, e scatta un attaccamento che per quanto sembri razionalmente ingiustificato per un oggetto materiale, può essere molto forte a livello emotivo.
2) l’attaccamento è amplificato se l’oggetto in questione è un “aiutante” o un “compagno di avventure”
Un giaccone che ti ha sia protetto, sia identificato, per una fase importante della tua vita, per esempio gli anni del liceo, è più difficile da lasciare andare di una stampante rotta.
Un tavolo di cucina che ha “sostenuto” i piatti della famiglia riunita durante tutti gli anni della crescita dei tuoi figli è più difficile da lasciare andare di un armadio delle scope.
Più un oggetto se ti ha accompagnato nella tua crescita, più è stato parte della tua storia, non solo come presenza di sottofondo ma come elemento importante nelle esperienze che ti hanno formato, e più è dura separarsene.
I mezzi di trasporto sono casi tipici: un’auto, una moto o uno scooter - se ci sei in buoni rapporti - sono un po’ come un cavallo fedele con cui hai esplorato i territori della vita.
Rottamare un compagno di avventure sembra un vero e proprio tradimento, un gesto contro cui il nostro senso di giustizia e di lealtà si ribella profondamente.
Laura, il motivo per cui ti senti così male secondo me è anche questo: probabilmente nella vita sei una persona sensibile e leale, e ora senti di essere una persona “cattiva” perché rottamando la Toyota stai “tradendo” un’amica fedele.
Un gesto che se lo facessi a una persona, avrebbe un costo altissimo sia in termini di approvazione sociale, sia di autostima. Nessuno ama i traditori.
La tua tristezza è dovuta probabilmente anche a un improvviso calo subconscio dell’autostima: “sono un’infame traditrice, quindi indegna d’amore, quindi resterò sola e indifesa e me lo sarò meritato”.
In sintesi, anche se questi moti emotivi improvvisi possono sembrare strani e ingiustificati, in realtà sono perfettamente in linea con la nostra natura istintiva. Se sembrano fuori dal normale, è più che altro perché nessuno ne parla mai. Penso che semplicemente molti si sentano deboli e stupidi ad avere questi sentimenti per una macchina o uno scooter, ma in realtà, i meccanismi che scattano sono gli stessi che ci permettono di stabilire rapporti di fiducia e sostegno reciproco con altri esseri viventi.
Ma veniamo ai consigli pratici: va bene che sono problemi naturali, ma vanno comunque gestiti in qualche modo.
L’attaccamento che si crea in questo modo è legato a processi troppo profondi per poter essere semplicemente “spento” con dei trucchetti pratici come spesso consiglio per oggetti più “freddi”.
Però è possibile “stare al gioco” e sciogliere il problema nel modo seguente.
L’attaccamento che si crea in questo modo è legato a processi troppo profondi per poter essere semplicemente “spento” con dei trucchetti pratici come spesso consiglio per oggetti più “freddi”.
Però è possibile “stare al gioco” e sciogliere il problema nel modo seguente.
1) Dato che la tua mente interpreta l’oggetto come un essere vivente con un ruolo di fiducia e sostegno reciproco, trattalo esattamente come se fosse tale: parlagli, digli che lo ringrazi per tutto quello che ha fatto per te e che lo ricorderai sempre, digli che se ha uno spirito, sicuramente ha meritato una ricompensa dopo la trasformazione che lo attende. Se sei in crisi dopo esserti separato dall’oggetto, quindi in sua assenza, puoi fare tutto questo tenendo in mano un ricordo fisico, come le chiavi di una macchina mandata in rottamazione. Se non hai un ricordo fisico, vai con la mente a un momento emblematico e positivo del tuo rapporto con l’oggetto e usalo per creare una connessione.
In certi casi, puoi anche aggiungere un “ultimo rito”, come seppellire il ricordo fisico in un posto speciale.
2) Il calo subconscio di autostima e le convinzioni negative che questo fa scattare sono il cuore del problema. Passa in rassegna tutti i comportamenti passati e presenti che ti qualificano invece come una persona leale, generosa e quindi degna d’amore e di stima. (se sei una persona sleale ed egoista, probabilmente non hai di questi problemi).
Spero che questo ti aiuti a superare questi momenti difficili. Hai una domanda o una storia che vuoi condividere? Fatti sentire nei commenti qui in basso!